In India con Salgari

da Zazie News di Silvana Sola

Da ragazzino Fulco Pratesi leggeva Salgari e sognava di essere nei luoghi che lo scrittore descriveva. In modo particolare desiderava l’incontro con la Regina della Giungla, la tigre del Bengala portatrice morte e paura nei romanzi dello scrittore veronese, che mai si era spostato dal bacino del Mediterraneo. E il sogno di Pratesi diventa realtà quando, nel 1970, organizza la spedizione in India centrale alla ricerca della Regina. Lo accompagnano le letture salgariane de I misteri della Jungla Nera, quelle de Il Libro della giungla di Kipling e l’immagine letteraria di “un fitto intrico di alberi, arbusti, liane e alte erbe”, che caratterizza la giungla delle storie e della realtà.
Il viaggio diventa diario, gli animali incontrati, tanti oltre alla tigre, acquerelli, precisi e delicati, che arricchiscono le annotazioni del taccuino che lo segue nel suo percorso di scoperta. Nella Giungla di Sandokan, in catalogo per l’editore Gallucci, c’è tutto questo. C’è il piacere di ritrovare le citazioni dei romanzi, c’è la forza e il coraggio di Sandokan, ci sono Tremal-Naik, Yanez e la Vergine della Pagoda, ci sono i gaviali, fratelli dei temibili coccodrilli, ci sono i rinoceronti e i bufali di Brahmaputra. Fulco Pratesi, a dorso di un elefante, attraversa il mondo immaginato da Salgari, lo svela con gli occhi di un attento naturalista e di un appassionato lettore.
Il suo taccuino personale diventa l’occasione per scoprire un animalario concreto e affascinante, per conoscere luoghi lontani, per camminare dentro ad una geografia reale, fatta di nomi capaci di evocare l’avventura.

La fede, un dono spiegato ai ragazzi

Con Riches un gioco di domande e risposte per credenti e non. Di Marzia Apice, Ansa

Nessun fanatismo, nessuna tesi da accettare a priori: è questo il segreto di Pierre Riches, sacerdote e teologo autore del libro La fede è un bagaglio lieve (Gallucci), nel quale accoglie le domande di un gruppo di giovani senza offrire risposte preconfezionate, ma aprendosi a un dialogo franco e aperto. In queste pagine che assumono l’aspetto di una piccola e intensa guida sulla fede, la religione e la ragione trovano un punto di incontro: “Ho una testa che Dio mi ha dato e che devo usare per interrogare tutto ciò che mi sembra dubbio”, afferma in una frase Riches, ribadendo la totale disponibilità a voler creare con le sue parole un ponte che unisca razionalità e afflato spirituale. Nato nel 1927 ad Alessandria d’Egitto da una famiglia ebrea, Riches si è convertito a 23 anni al cristianesimo, diventando poi sacerdote. Nel corso della sua vita è stato consigliere spirituale di molti scrittori, tra cui Elsa Morante, Giorgio Manganelli, Pier Vittorio Tondelli. La sua capacità di comunicatore si evince dalle conversazioni riportate nel libro, avvenute nel corso di 8 incontri nel 1996. Eppure, nonostante siano trascorsi ormai diversi anni, il volume non sembra essere invecchiato. Tutt’altro, perché in questi dialoghi il sacerdote affronta con i ragazzi alcuni argomenti validi in ogni epoca e dotati di un’attualità non legata alla contingenza dei fatti ma alla natura stessa dell’uomo. Dal sesso (etero e omo) all’amore, dalla politica all’economia alla giustizia, partendo ovviamente da Dio e dalla fede: gli argomenti trattati sono i più disparati, e nelle serate trascorse con i suoi giovani interlocutori Riches subisce un vero e proprio interrogatorio, un fuoco di fila di domande a cui riesce a rispondere con grande semplicità. Un primo assunto da cui far discendere ogni riflessione (“Dio è il mistero totale. Dio può folgorare tutto in un istante; alla misura dell’uomo c’è il Cristo”) e poi una serie di pensieri che toccano anche le altre religioni, come il buddhismo e l’islamismo, e si proiettano nell’Aldilà, con il Paradiso e l’Inferno, gli Angeli e Lucifero. Anche sui temi più scottanti Riches non si tira certo indietro. A chi chiede come sia possibile che Dio abbia creato la sofferenza, il sacerdote risponde che il rischio di soffrire risiede nella libertà di amare che ci è stata concessa. “Perciò si può capire il soffrire solo nel contesto dell’amore, e si possono capire le sofferenze del Cristo – e usarle per capire le nostre sofferenze – solo in questo contesto. Dio non ci dà forse la forza per superare le nostre sofferenze fisicamente?”, afferma. E mentre i ragazzi lo definiscono “un uomo di fede senza illusioni”, che crede in un “Dio giovane e divertente”, lui ribadisce il suo approccio ‘socratico’ nell’educazione soprattutto dei più giovani: “Mi pare l’unico metodo serio per educare; l’unico metodo che io uso: tirar fuori i dubbi che la gente ha. Sollecitare domande, farle scoprire con coraggio, cominciando da: «Chissà se Dio esiste»”.